“Francesco, come credi che sia l’America?”
“Come nei libri e al cinematografo.”
“Io, no. Io credo che l’America sia molto diversa da quello che dicono i libri o si vede al cinematografo.
Chissà perché, ma io penso all’America con la stessa
fiducia di chi debba trovarci un miracolo. Dev’essere una terra
divorante, da guardare con gli occhi di Alice nel paese delle
Meraviglie: con la gente che vola come le rondini tra i grattacieli, le
case che sfiorano le nuvole, i ponti sottili come aghi d’argento…”

Penelope alla guerra, di Oriana Fallaci, è la prima opera autobiografica della grande scrittrice italiana e parte, certamente, del grande panorama della nostra storia.
Racconta le vicende di Giò, una ragazza dalla personalità decisa e determinata; viene inviata in America dal suo superiore, quell’America da lei tanto sognata e desiderata, l’America delle speranze ma anche delle illusioni, della realtà.
Ospite di un’amica, Martin, si ritrova catapultata in un passato lontano, di quando lei aveva circa dodici anni: l’incontro con Richard, un ragazzo accolto in casa sua per qualche giorno ai tempi della guerra, rimasto impresso nella mente, ma anche nel cuore della nostra Giò.
Da questo momento in poi succederà di tutto.

“Il film non c’entra. E non c’entrano neanche le case che toccano il cielo, altre fantasie. Se il vecchio non ti avesse mandata in America, prima o poi ci saresti andata da te. Da quando ti conosco non fai che parlarne: sembra che tu abbia un appuntamento laggiù. Peggio: sembri un Ulisse che va ad espugnare le mura di Troìa. Ma non sei Ulisse, sei Penelope. Lo vuoi capire, sì o no? Dovresti tessere la tela, non andare alla guerra. Lo vuoi capire, sì, o no, che la donna non è un uomo?”

Giò, all’interno dell’opera, si sente veramente come Ulisse. Da quest’avventura, imparerà che non tutto è come sembra e che proprio, in una città come New York, tutti, in fondo, recitano un ruolo.

Non si possono non amare le descrizioni dettagliate che fa di ogni personaggio. Forse Penelope va alla guerra è un romanzo un po’ atipico. Ma ciò che mi ha colpito è stata questa sua capacità descrittiva, di trasmettere in ogni singola parola una forza imperiosa.

‘Il 1962, l’anno di pubblicazione di questo romanzo in Italia, era quello della scomunica di Castro, del Concilio Vaticano II, del primo 45 giri dei Beatles e del primo 007 di James Bond. Era quello dei suoi trent’anni e dell’America che aveva paura della bomba.’
(Concita De Gregorio)

Giò, non è una donna che resta a casa, (e perchè mai dovrebbe?!) questo è il messaggio: sii Ulisse e non Penelope, un inno all’indipendenza che si ottiene solo lottando e anche sbagliando.
Ci sono libri che sono lì per noi, che ci aspettano, questo per me è stato uno di quelli. Lascio a voi la curiosità di scoprirlo.

Graziella Zaccone

Foto: www.bur.rcslibri.corriere.it

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