Dicembre 15, 2010

Quante volte vi sarà capitato di sedervi a tavolino, di fronte al vostro computer o foglio di carta (completamente bianco), cercando di scrivere quella storia che da giorni avete così bene architettato, a volte persino con un finale soddisfacente e d’effetto.

Purtroppo spesso sembra che al momento opportuno (cioè quello di mettere nero su bianco), le parole non vogliano uscire, quasi incapaci di trovare la loro direzione, costruirsi e costruire una struttura scorrevole, forte e solida.

La prima cosa da fare in questi casi è fermarsi, tirare un sospiro e iniziare a pensare veramente al nostro libro.

Bisogna smettere di pensare al libro in quanto tale, finzione, romanzo, non-realtà, ed invece incominciare a considerarlo vita. D’altronde i personaggi che andremo a creare avranno una personalità, un aspetto, un timbro di voce, dei modi di fare.

L’unica cosa che li renderà diversi dalle persone che incontriamo per strada tutti i giorni sarà che nelle loro vene non scorre sangue ma inchiostro; dettaglio rilevante, direi.

Per scrivere bene un libro non esiste una ricetta o una lista di ingredienti da combinare insieme per ottenere un eccellente risultato.

La qualità del libro dipende interamente, al 100%, da noi, dalle nostre emozioni, dai nostri pensieri, dalle nostre letture e dalla capacità che abbiamo sviluppato di trasferire pensieri e parole sulla carta (o sullo schermo del computer).

L’unica regola da seguire è ricordarsi che non ci dobbiamo dare regole.

L’originalità è la parola chiave alla quale fare riferimento. Non ci servirà controllare minuziosamente gli incipit degli altri libri, né annotarci “belle espressioni” da riproporre poi nei nostri testi.

Dobbiamo invece iniziare a pensare come se non fosse mai esistita una letteratura, come se stessimo scrivendo il primo libro della storia, e l’unica cosa che potremo fare sarà essere originali, diversi dagli altri, recuperando elementi e parole da un baule soltanto nostro.

Riportando lo sguardo sullo schermo del computer o sul foglio di carta, dovremo iniziare a navigare dentro noi stessi, cercando tutte le strade originali e nuove che potremo trovare.

Un buon consiglio potrebbe essere quello di mettere nero su bianco qualche incipit, magari l’uno diverso dall’altro, per poi confrontarli e dedurne pro e contro. Dovremo però leggerli come se fossero opera di qualcun altro, con quel distacco che ci permetterà di valutarne il valore effettivo.

Alla fine sarà cruciale fondere tutti i pro, cercando di fare in modo che ogni parola e ogni rigo appaia al punto giusto.

La struttura dell’incipit del libro è un altro elemento fondamentale, che dovremo valutare attentamente.

Rifuggiamo senza esitazione dagli inizi convenzionali, dalle formule spettacolari ma ridondanti, dalle “cose già lette” da un’altra parte.

Coltiviamo invece un nostro percorso, un mondo unico, che solo noi possiamo scrivere e che prenderà vita solo ad un nostro comando. Creiamo questa realtà e l’originalità verrà da sé.

Credo che a tal proposito le parole di J. W. Goethe ne I dolori del giovane Werther possano risultare veramente illuminanti: “Sì, quello che io so chiunque lo può imparare… ma il mio cuore non l’ho che io“.

autore di questa pagina:

Amalia Papasidero

Amalia Papasidero, editor, correttore di bozze, consulente letterario e blogger. Ha conseguito il master in “Tradizione e innovazione nell’editoria. Dal libro all’e-book” presso l’Università della Calabria.
Gestisce il sito web www.scritturaedintorni.it (che ha ottenuto l’accredito stampa presso il Festival della letteratura di Mantova nel 2016), che si occupa di ciò che ruota attorno al mondo della scrittura e offre numerose risorse e servizi per gli autori. Organizza eventi letterari e culturali (presentazioni librarie e musicali, campagne di sensibilizzazione su temi sociali). Ha da poco pubblicato una raccolta di poesie dal titolo “Riflessi”. Tiene corsi di scrittura e self-publishing, workshop sulle tematiche legate alla narrazione.

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