Da qualche mese, più precisamente dal mese di maggio, il Grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald, è tornato alla ribalta.
Non c’è stata una sola persona che non parlasse di questo libro ma il punto è: tutti all’improvviso ammiratori del grande Francis? La risposta è un secco “NO”, ahimè, perchè il merito è stato, chiaramente, dell’imminente uscita della quarta versione cinematografica del romanzo. Sottolineo la quarta perchè, per un mio gusto personale, non è la versione con Leonardo Di Caprio a darle merito, ma quella del 1974 con Robert Redford e Mia Farrow.
T. S. Eliot ha definito Il Grande Gatsby un passo avanti nella narrativa americana: il libro racconta, attraverso la voce di Nick, la vita, la società, gli sfarzi degli anni venti, gli anni d’oro del jazz, dell’alcool, del proibizionismo e del sogno americano.
Narra della storia d’amore tra Gatsby e Daisy ma non solo: questo è un romanzo che parla principalmente di solitudine, di incomunicabilità, di crollo di miti (Gatsby per riconquistare Daisy aveva costruito un impero che piano piano si sgretolerà e che lo porterà alla morte); la sua villa, che era sempre stata piena di gente, di festa e di musica, nel giorno del suo funerale si svuoterà completamente. Unica presenza quella di Nick e quella del padre del protagonista, che apparirà alla fine di tutta la storia.
Nick promette a Gatsby di far arrivare qualcuno, ma non verrà nessuno.
Tutto questo a dimostrazione del fatto che spesso si è in mezzo a tanta gente eppure si è tanto soli.
Non dirò oltre su questo romanzo, a voi il gusto e il piacere di leggerlo e scoprire il resto che, ne sono sicura, non deluderà le vostre aspettative, proprio come non ha deluso le mie.
Graziella Zaccone