Se mi guardo davvero, cosa vedo?

 

Mi piace pensare che la strega cattiva nella favola di Biancaneve fosse il personaggio migliore.

Mi piace pensare che fosse una gran donna, ma che fosse sola, incompresa, tremendamente e incurabilmente insicura.

Mi piace pensare che fosse una donna bellissima, forse un po’ troppo altera, forse consumata dall’ambizione, ma sicuramente bellissima, almeno all’inizio. Penso che non fosse poi così diversa da Biancaneve, che da giovane avesse avuto le stesse guance rosee, gli stessi occhi luminosi, la stessa innocenza. Mi piace pensare che nessuno nasca malvagio.

Malvagi, si diventa. Forse è colpa della vita, o per lo meno, questa è la spiegazione che cerchiamo di darci nei momenti più bui; lo ripetiamo come una cantilena:

«Non è colpa di nessuno, si tratta solo della vita…».

Tutti ci guardiamo allo specchio, chi tante e tante volte, soddisfatto dalla propria immagine e chi raramente, troppo disgustato da ciò che vede per prolungare la tortura.

La strega cattiva di Biancaneve era una regina. Quindi era una donna potente, importante, stimata, temuta e, sicuramente, bella.

Eppure non era felice. Cercava conforto nel suo specchio magico, cercava una scintilla di felicità, un barlume di speranza.

Chissà, forse nessuno le aveva mai detto che era bellissima, nessun cavaliere innamorato le aveva mai rivolto una parola gentile; così, aveva finito per cercare conforto in un freddo, piccolo specchio, che non faceva che ripeterle che era splendida.

La cantilena di quello specchio, la ripetizione infinita di quelle parole erano la sua ragione di vita, la sua salvezza, la sua felicità. Sentirsi bellissima era l’unica cosa che realmente avesse un senso.

Ed ecco, perché, in qualche modo, Biancaneve è una protagonista insopportabile: non soffre, non piange, non prova odio. E che cosa c’è di più forte dell’odio?

L’amore? Davvero l’amore è più forte dell’odio?

Forse. Ma non per la nostra strega cattiva. Per lei, l’odio nei confronti Biancaneve significava tutto. Biancaneve, la rivale, la donna che avrebbe potuto derubarla di ciò che possedeva di più prezioso e che significava tutto.

Ed ecco un altro tasto dolente. A Biancaneve non sembrava importare affatto della sua nemica, non sembrava avere paura, lei si fidava. Si fidava!

E la povera strega, con la sua mela avvelenata, si rinchiudeva sempre di più nel suo odio, nella sua tristezza, nella sua solitudine.

Biancaneve aveva un cuore più puro, ma era giovane, innocente. Che cosa avrebbe fatto se fosse stata al posto della sua nemica? Difficile dirlo, non lo sapremo mai.

Biancaneve è una bambola dolce e gentile, la rappresentazione di una perfezione che non esiste e che ognuno di noi, vorrebbe disperatamente possedere.

La strega cattiva non è solo una donna malvagia e invidiosa, è anche una donna triste, arrabbiata e ossessionata da uno specchio che l’ha resa pazza.

Buffo, la strega cattiva dovrebbe essere giustificata, perché pazza. Le serie televisive americane sguazzerebbero in questa storia: ripetuti tentativi di omicidio, da parte di una donna ossessionata dalla bellezza e spaventata dalla paura di invecchiare, ai danni di una giovane e bella ragazza, colpevole solo, proprio perché giovane, di essere la più bella fra le due.

L’avvocato della strega direbbe che la sua cliente è affetta da “infermità mentale” e forse, riuscirebbe a salvarla dalla condanna.

Nella favola la strega non riesce a uccidere Biancaneve, anche se ci prova disperatamente, anche se mette tutta se stessa nel compito e non c’è dubbio che voglia ucciderla sul serio. La favola, risparmia alla ragazza bellissima e amata da tutti una triste fine.

Nella vita vera, invece, cosa succede? Chi recita la parte della strega e chi quella di Biancaneve? Chi è logorato dalle proprie stesse paure e chi è abbastanza forte da amare incondizionatamente? Sono fiera di dire che io non sono Biancaneve. Provo rabbia, paura, insicurezza e ci sono cose che vorrei disperatamente e che forse, solo forse, riuscirò a ottenere.

Questo senso di impotenza, questi “desideri mancati” suscitano in me la stessa furiosa frustrazione che prova la strega cattiva. La stessa voglia di rivincita, lo stesso odio nei confronti della bella, piccola e ingenua Biancaneve, che ama tutti e che non soffre mai.

Siamo tutti, allo stesso tempo, la strega e la Biancaneve di qualcuno, perché viviamo la vita vera, non una favola, e nella vita vera siamo perdenti.

Forse non sempre perdenti, ma abbastanza da odiare, anche se per pochi istanti, tutto e tutti.

Che cosa vediamo nello specchio?

La strega si vedeva più bella che mai. Un senzatetto si vedrebbe ricchissimo. Un orfano si vedrebbe con i suoi genitori, e la lista è ancora molto lunga. Purtroppo, la vita, oltre a non essere una favola, non è nemmeno uno stereotipo, per cui, ci sono cose che desideriamo profondamente anche se sono sbagliate: eliminare dalla faccia della terra chi ci sta antipatico, ad esempio, vedere una persona che ci suscita una palese antipatia fare una figuraccia davanti a un gruppo di persone che conosciamo, rubare un oggetto che non possiamo permetterci o per il quale non abbiamo voglia di spendere soldi, urlare contro chi ha detto qualcosa che non abbiamo gradito.

Non vogliamo solo quello di cui abbiamo bisogno, vogliamo, come una droga, quello che ci fa stare bene, quello che lenisce temporaneamente la solitudine che abbiamo dentro, che ci spacca il cuore e ci riduce a morti che camminano.

La strega cattiva era una bambina prima di diventare donna. Chi l’ha cresciuta? Chi le ha insegnato – o forse sarebbe più corretto dire che non le ha insegnato – la differenza tra il bene e il male?

Riesco quasi a dipingerla, questa bambina dagli occhi scuri, (non poteva avere gli occhi chiari, non era semplicemente possibile) seduta in un angolo, da sola, a pensare.

Riesco a vedere le altre bambine lontano, una sinfonia di trecce bionde e grembiulini azzurri che si muovono in cerchio, si prendono per mano, schiamazzano felici in un parco, sono così libere, così a proprio agio che è quasi doloroso guardarle.

Riesco a immaginare la voglia di alzarsi dalla seggiola e raggiungerle, la voglia di prenderle per mano, di condividere quel calore, quei sorrisi, quelle risate gioiose.

E poi, improvvisamente, la bambina che aveva quasi trovato il coraggio di alzarsi ed era pronta a correre, si blocca, si irrigidisce, si sente mancare. Non ha il coraggio e resta immobile e silenziosa, a contemplare la vita che sboccia attorno a lei, ma di cui non si sente parte.

Giorno dopo giorno, quando capisce che nessuno la chiamerà per invitarla a unirsi ai giochi e soprattutto quando capisce che lei stessa non si alzerà mai, inizia a mescolare la tristezza al rancore e alla voglia di vendetta. Contro chi, contro cosa, lei neppure lo sa. Ma sa che succederà.

Cresce, la bambina, e lentamente diventa abbastanza forte da spintonare, scalciare, schiaffeggiare e insultare; non si fida di nessuno, non confida i propri segreti.

Scappa da chi la vorrebbe conoscere e cerca la compagnia di chi potrebbe aver bisogno di lei, per non sentirsi sola. L’importante è che nessuno capisca ciò che lei pensa davvero.

Poi, ormai donna, ormai adulta, ha dimenticato da cosa è iniziato tutto, ha dimenticato i volti di quelle bambine felici e la seggiola in un angolo.

Non ricorda e non le importa. Sente solo il rancore e il sordo brontolio della rabbia, ma la tiene a bada, la chiude a chiave in un cantuccio del cuore e lascia che la logori come una malattia.

Non fa niente per curarsi.

Quella vecchia insicurezza, quella vecchia rabbia sono tutto ciò che ha, vuole dimostrare a tutti i costi, a quelle bambine bionde, che lei vale, che lei è bellissima e nessuno può portarle via quella bellezza.

La sua ossessione l’ha consumata a tal punto che se le vedesse, non si renderebbe conto che quelle donne sono diventate come lei: delle streghe cattive che difendono con le unghie e con i denti qualcosa che non è più loro, o che forse non lo è mai stato davvero.

Non si rende conto che potrebbero persino essere grandi amiche, ora, andare in giro per negozi, sorseggiare caffè, parlare di quanto costi mantenere i figli in una scuola, che i mariti non rimettono mai la cravatta esattamente dove deve stare e sono sempre fuori casa, al lavoro. E loro si sentono sole e insicure.

E se Biancaneve diventasse adulta, le succederebbe esattamente la stessa cosa: il principe azzurro diventerebbe un marito scorbutico, sempre impegnato, che è ingrassato e torna a casa dal lavoro sbraitando per colpa del traffico o dell’immigrazione. Non la bacerebbe. Non la abbraccerebbe.

Lei cercherebbe conforto in uno specchio, ripetendosi all’infinito quanto è bella e che tutto sommato vale ancora la pena di starle accanto, che finché resta bella tutti le vorranno ancora bene.

A pensarci, è ironico ma Biancaneve e la strega cattiva potrebbero diventare migliori amiche.

Ironico, e anche un po’ inquietante, è come i sogni, l’innocenza, la dolcezza e tutto il resto, quel resto bellissimo e magico che fanno parte della giovinezza, svaniscano e rendano tutti uguali, tutti ombre grigie.

Lo specchio dice solo quello che la strega vuole sentirsi dire. Lo specchio non è affatto magico, lo specchio è la strega stessa che si racconta, giorno dopo giorno, frottole immonde per riuscire a respirare guardando la propria immagine, per riuscire a credere che niente svanirà, che niente finirà, che lei sarà ancora abbastanza forte, che potrà ancora ottenere ciò che vuole, che eliminerà quella stupida Biancaneve e la sua pelle perfetta, e sarà ancora la regina incontrastata della sua casa, della sua famiglia e della sua città.

La disperazione di questa strega è quasi commovente ed è per questo che mi è così simpatica: lei non sapeva come sarebbe andata a finire, ma non ha potuto fare niente per combattere se stessa.

Se stessa, il suo nemico peggiore. Se stessa, incapace di accettarsi. Di amarsi, intenta a difendersi dal mondo.

Benedetta Pedrini

Foto: e_lisewin

autore di questa pagina:

Amalia Papasidero

Amalia Papasidero, editor, correttore di bozze, consulente letterario e blogger. Ha conseguito il master in “Tradizione e innovazione nell’editoria. Dal libro all’e-book” presso l’Università della Calabria.
Gestisce il sito web www.scritturaedintorni.it (che ha ottenuto l’accredito stampa presso il Festival della letteratura di Mantova nel 2016), che si occupa di ciò che ruota attorno al mondo della scrittura e offre numerose risorse e servizi per gli autori. Organizza eventi letterari e culturali (presentazioni librarie e musicali, campagne di sensibilizzazione su temi sociali). Ha da poco pubblicato una raccolta di poesie dal titolo “Riflessi”. Tiene corsi di scrittura e self-publishing, workshop sulle tematiche legate alla narrazione.

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