Devis Bonanni, dopo aver riscosso successo con il suo primo libro Pecoranera (Marsilio Editori-2012), oggi presenta il suo nuovo scritto. Una breve ma significativa intervista per conoscerlo meglio e per comprendere cosa c’è davvero dietro il suo stile di vita.
1. Chi è Devis Bonanni, parlaci un po’ di te, di come nasce la tua volontà di “lasciare” tutto, per iniziare a vivere una vita “diversa”, a contatto con la natura, in cui i ritmi scanditi dalla terra sono la tua unica bussola.
Non nasco contadino né i miei genitori lo erano. Piuttosto arrivai alla terra per un’aspirazione filosofica e anarchica. Lasciai il mio lavoro di tecnico informatico per una sorta di intima rivoluzione individuale. Negli anni la connotazione utopica del mio progetto è sfumata. Un prepotente rapporto con la terra, con la montagna, con gli alberi da frutto che semino e poi innesto ha spazzato via le congetture filosofiche per trasformarle in azione quotidiana, in sentire diretto, in riflesso incondizionato perché il contadino non è un mestiere ma un modo di vivere – come mi disse un amico – e pure un modo di pensare, di stare al mondo, aggiungo io.
2. Quanto è stato difficile e quanto magari lo è ancora mantenere uno stile di vita più semplice rispetto a quello che presenta e a volte impone la società moderna?
Non lo è affatto. È facile sostituire ai consumi la consapevolezza, all’eccesso la moderazione, ai comportamenti indotti il boicottaggio del sistema. È sufficiente trovare la motivazione e prima della motivazione i significati di cui riempire una vita nuova ora che quella vecchia l’abbiamo svuotata da contenuti e oggetti che non ci appartenevano.
3. “Il buon selvaggio” è il tuo secondo libro, dopo “Pecoranera”; come deve essere il rapporto che l’uomo, in questa era consumistica, deve avere con ciò che lo circonda?
In una parola direi “savio”. Abbiamo a disposizione l’informazione che si tratti dalla tutela dell’ambiente o della nostra salute. È sufficiente iniziare ad agire in conseguenza dei dati di fatto. Essere coerenti impone piccole fatiche ma ci fa sentire forti fino alla vertigine. Bisogna vincere la pigrizia e il “ma tanto io che ci posso fare”. Parafrasando Waldo Emerson direi che dobbiamo dare ascolto alla convinzione latente che è in noi fino a che essa prenderà un significato universale.
4. La scrittura cosa rappresenta per te, un modo per comunicare al mondo che la vita può essere più sostenibile, meno piena di lussi, spesso inutili, o è anche un qualcosa che fa bene alla tua anima e ti permette di approfondire il rapporto con te stesso?
Per me la lettura è liberatoria e rigenerante, la scrittura è piuttosto una fatica necessaria. Non sono una di quelle persone che scrive per scaricarsi ne mi sono mai sentito scrittore. Quindi scrivo con uno scopo, credo divulgativo e, mi auguro, di stimolo agli altri per i temi che tratto.
5. Ritornando a tuo stile di vita, cosa ti senti di dire a tutti i giovani che oggi, dopo la scuola, non riescono a trovare lavoro e che annaspano alla ricerca del posto fisso e si accontentano magari di una vita a “tinte grigie”?
Di non chiudersi, di vivere il territorio, sia dal punto di vista ambientale che sociale. Di impegnarsi nella società civile come nella tutela della Natura. Di conoscere i dintorni e diventarne veri abitanti altrimenti qualsiasi luogo sarà per noi una periferia. Diventare agenti del cambiamento è una sfida molto più formante che emigrare per trovare condizioni migliori.
I suoi contatti: devis@progettopecoranera.it oppure Devis Bonanni su facebook