Due sorelle, due vite che si intrecciano e che si ritrovano in uno dei periodi più buii del nostro Paese: gli anni ’70. La voglia di libertà, di uscire dagli schemi, di lottare per degli ideali sbiaditi dal tempo e dalla politica, la necessità pressante di imporsi come persona, di gridare al mondo intero ” Io esisto!”.
Emma e Maria rappresentano, nell’avvincente romanzo di Lidia Ravera, La guerra dei figli (Edito Garzanti/2009), ciò che per anni si è verificato in tantissime famiglie italiane: mentre Maria vuole evadere dal perbenismo piccolo-borghese dettato dai suoi genitori, vuole essere libera, vuole bastare a se stessa, vuole combattere a fianco dei compagni dei circoli comunisti per cambiare le cose, per migliorare una situazione difficile, fatta di esteriorità e di capitalismo, Emma, invece, sulla sia del percorso tracciato dalla sorella a cui è profondamente legata, inizia a vivere una vita non sua, travagliata, complicata, costellata di errori, di immensi vuoti da riempire, di solitudine.
Si tratta di una vera e propria guerra dei figli: quella di Maria, che scappa di casa, è molto marcata, sentita fin nelle viscere, come necessità primordiale; quella di Emma è una guerra di riflesso, che la costringerà a fare i conti con un mondo pericoloso, offuscato dalle tragiche azioni compiute dalle Brigate Rosse.
La guerra dei figli fa riflettere perché evidenzia la netta distanza tra due generazioni, la mancanza di comunicazione e la solitudine tra genitori e figli; pone l’accento sulla capacità di essere padri e madri e su quella di essere, semplicemente, figli, sulla difficoltà di crescere e di lottare per le proprie battaglie giuste o sbagliate che siano.
Amalia Papasidero