Il 27 gennaio è la giornata della memoria: questa data non è stata scelta casualmente poichè commemora il giorno in cui le truppe sovietiche, entrate nel campo di concentramento di Auschwitz, hanno liberato tutti i prigionieri, tutti quegli esseri umani che, nonostante le atrocità subite durante la prigionia, tornavano nuovamente alla vita. Non solo: il 27 gennaio ricorda quanti hanno lottato contro la ferocia tedesca, rischiando la propria vita e quella dei propri cari per salvare migliaia d’innocenti.
L’olocausto degli ebrei è una delle pagine più nere della nostra storia poiché la furia cieca di un uomo e dei suoi sostenitori si è abbattuta, carica di odio, su un intero gruppo etnoreligioso, oltre che su altri individui (prostitute, zingari, omosessuali, etc.), con la lucida volontà di epurare, di cancellare dalla faccia della terra quanti vi appartenevano. Uno sterminio d’innocenti d’immani proporzioni che ha visto l’eliminazione sistematica di oltre sei milioni di ebrei che avevano, come unica colpa, quella di appartenere a una “razza impura”.
In tutto quest’orrore, tra le tante storie di miseria umana, vi sono stati alcuni uomini che hanno avuto il coraggio di ribellarsi, di non accettare di rimanere in un angolo a osservare quest’atroce strage; uomini che hanno deciso, pur valutandone i rischi, di agire, di salvare più vite umane possibili strappandole così ai lagher e alla morte. Giorgio Perlasca, Oskar Schindler, Angelo Rotta, sono solo alcuni dei nomi che a pieno titolo sono stati inseriti fra i Giusti tra le Nazioni, avendo tratto in salvo migliaia di ebrei; gli è stata consegnata una medaglia recante il loro nome, un certificato d’onore, è stato piantato un albero in ricordo delle loro gesta.
Persone comuni, semplici, eroi diremmo oggi, che non hanno esitato neanche un’istante a sfidare il Führer, le sue leggi, il suo oscuro potere. Uomini coraggiosi, persone come ciascuno di noi, che davanti alla sofferenza, alle ingiustizie, alla crudeltà, hanno deciso di infrangere il muro del silenzio, mettendosi in gioco, rischiando sulla propria pelle le conseguenze di questa loro incosciente temerarietà.
Giorgio Perlasca, definito lo “Schindler italiano”, è riuscito a salvare cinquemila ebrei; si è finto console spagnolo, ha rilasciato migliaia di salvacondotti che conferivano loro la cittadinanza spagnola, giungendo, spesso, a strappare interi gruppi di persone ai convogli pronti a partire per i campi di sterminio.
Oskar Schindler, proprietario di una fabbrica che produceva pentolame e poi munizioni, iniziò ad assumere sempre più ebrei, con la scusa di aver bisogno di mano d’opera, riuscendo a salvare così circa milleduecento persone dalla deportazione; compilò una lista nella quale inserì i nomi di tutti quegli uomini e quelle donne che non sapevano nulla del lavoro in fabbrica, che non avevano alcuna specializzazione e che devono la loro salvezza all’audacia di un bravo imprenditore con ottime doti diplomatiche.
Anche Angelo Rotta, dopo essere diventato nunzio apostolico a Budapest, non rimase in silenzio: si ribellò alle deportazioni, distribuì quindicimila “carte di protezione” che ponevano i possessori sotto la tutela dello Stato Vaticano, distribuì certificati di battesimo e istituì numerose “case protette” che, godendo dell’extraterritorialità, diedero rifugio a centinaia di ebrei minacciati di morte dai nazisti e dai fascisti ungheresi delle Croci Frecciate.
Il loro esempio, come quello di tanti altri, dovrebbe scuotere le nostre coscienze; il senso di commemorare questa giornata deve risiedere non solo nel non dimenticare quanto è accaduto perché non avvenga mai più, ma anche nel risvegliare l’animo di quanti pensano che le cose non possano cambiare, che ognuno di noi non possa essere parte della storia del mondo. Così non è: ognuno, secondo le proprie possibilità, può fare tanto; ci vuole coraggio, bisogna avere la forza di ribellarsi a ciò che è sbagliato, sia nelle grandi che nelle piccole cose; bisogna saper gridare “basta” quando ci si rende conto che l’ingiustizia e l’ineguaglianza spadroneggiano: non rifiutiamo chi è diverso, chi non condivide il nostro credo, chi non ha lo stesso nostro colore o non “ama” come amiamo noi.
Occorre avere la forza di provare a cambiare le cose, di non lasciare che ciò che è corrotto continui silenziosamente a insinuarsi nella nostra vita. Certo, l’olocausto degli ebrei rappresenta uno dei più grandi orrori dell’età contemporanea; non era sicuramente facile scegliere di opporsi a un sistema tirannico basato sul terrore e sulla violenza per far trionfare il valore della giustizia, del rispetto dell’uomo e della sua dignità, ma molti hanno trovato la forza di farlo, hanno avuto, nonostante il costante pericolo di vita, il coraggio di amare. Il coraggio di guardare in viso l’orrendo aguzzino che voleva trasformare il mondo a sua immagine e somiglianza, e di andare a braccia aperte verso quelle anime sofferenti, lanciandosi con un furore di cui neanche loro si sarebbero creduti capaci, in nome di un sentimento che dovrebbe nascere spontaneo nel cuore di ogni essere umano.
Tutti questi uomini non saranno mai dimenticati per il loro ardore, per l’impegno e per l’estremo altruismo; non sono irraggiungibili esempi da seguire, ma modelli da imitare, cogliendo nelle loro gesta l’essenza umana dell’amore verso il prossimo che, nonostante tutto, gli orrori dell’olocausto degli ebrei non potranno mai sradicare.
Amalia Papasidero
Tratto da Tempovissuto.it