“[…] Le famiglie vivono tra i muri delle loro case per poter avere uno spazio protetto, ci dicono. E invece è solo per poterci accumulare i panni sporchi, nascondere, nascondere, nascondere finché si può, tutto quello di cui ci si vergogna, che non si accetta, non si digerisce, né dentro né fuori. E ogni mattina la palla biologica si allenta e si scompone nelle sue particelle elementari: i figli vanno a scuola e i genitori a lavoro, e si portano in giro la stessa materia di cui sono fatti i muri delle loro case, e di cui alla fine sono fatti loro stessi: materiale resistente a tutto, impermeabile, indistruttibile. […]”

Panni sporchi, scritto dalla giovane pianista calabrese Stefania Surace, edito Librerie Dante&Descartes, è uno di quei libri che inizi a leggere in punta di piedi, ma che poi ti trascina irresistibilmente in un vortice denso di emozioni, e che divori in pochissimo tempo perché la storia, i personaggi chiedono di essere conosciuti, di seguire le loro vicende, chiedono attenzione.

Ed è proprio la richiesta di attenzione il tema centrale di questo libro, piccolo ma potente, in cui tutto il dolore e, a volte, la disperazione degli adolescenti, deve fare i conti con adulti distratti, non pronti a fare i genitori o gli educatori  che sembrano ciechi e sordi rispetto a ciò che succede ai loro figli o in generale ai giovani. Un romanzo di formazione, dunque, che ci riporta alle questioni legate al crescere, al cambiamento – interiore soprattutto -, in una terra, quella calabrese, “aspra e difficile”, attraverso un racconto fatto di immagini famigliari, di profumi, di incontri e scontri, che portano la protagonista a capirsi e a iniziare a cercare un “altrove” in cui poter fiorire ed essere se stessa.

Stefania Surace tocca l’intera gamma dei sentimenti, concentrandosi in particolare sull’amicizia, sull’importanza di avere un “complice” in quella che è la fase più dura e complessa della vita, l’adolescenza, e di come sia difficile trovare un equilibrio nei rapporti con gli altri, quando non si è ancora capito cosa si vuole diventare e che percorso intraprendere.

Un romanzo che definirei musicale, nell’accezione più ampia del termine: non solo per la musica che ad esso è legata perché l’autrice è una talentuosa compositrice e musicista di pianoforte, ma anche quella metaforica che fuoriesce con il dipanarsi delle diverse vicende che, nel bene e nel male, portano il lettore a gioire o a soffrire per i personaggi.

 

Una lettura piacevole, scorrevolissima, un testo ben strutturato, a tratti poetico, e ricco di rimandi:

Pensavo a Mendelsshohn e alla sua idea, che consideravo bella, di chiamare una musica Romanza senza parole. Mi dicevo che forse era a mancanza di coordinate nei pensieri la causa di tutti i miei disturbi e di tutta la mia instabilità.

Pensavo alla poesia di Walt Whitman che dice a un certo punto: ‘Che c’è di nuovo in tutto questo, o me o vita’, ma questa cosa della poesia non gliela dissi.”

Da ultimo, un accenno alla copertina, evocativa e particolarmente suggestiva, opera di Daniela Pergreffi.

autore di questa pagina:

Amalia Papasidero

Amalia Papasidero, editor, correttore di bozze, consulente letterario e blogger. Ha conseguito il master in “Tradizione e innovazione nell’editoria. Dal libro all’e-book” presso l’Università della Calabria.
Gestisce il sito web www.scritturaedintorni.it (che ha ottenuto l’accredito stampa presso il Festival della letteratura di Mantova nel 2016), che si occupa di ciò che ruota attorno al mondo della scrittura e offre numerose risorse e servizi per gli autori. Organizza eventi letterari e culturali (presentazioni librarie e musicali, campagne di sensibilizzazione su temi sociali). Ha da poco pubblicato una raccolta di poesie dal titolo “Riflessi”. Tiene corsi di scrittura e self-publishing, workshop sulle tematiche legate alla narrazione.

{"email":"Email address invalid","url":"Website address invalid","required":"Required field missing"}

Questi li hai letti?

Scelti per te...

>