Aveva appena compiuto quarant’anni e da tutti era soprannominato Caio Sano. Caio perché ricordava, seppur di origini toscane, un romano verace, sguaiato, contraddittorio e pigro. Caio aveva problemi di fiducia in se stesso, un po’ come tutti, direte voi. Ecco… I suoi problemi, però, erano un pelino più gravi. Seri. Forti. Radicati nel suo DNA. Era perennemente dominato da uno stato di agitazione quotidiana e ciò aveva avuto risvolti anche sulle sue condizioni di salute. Accanito fumatore, acquistava pacchetti di tabacco sfuso e, seduto in un angolo, si rollava le sue sigarettine che fumava a distanza di qualche minuto, una dopo l’altra. Amava il cinema, Caio. Il mondo dello spettacolo un po’ meno. Era un uomo alto, dinoccolato, si sarebbe detto un tempo, e magro. Salvo per il ventre prominente che pendeva all’ingiù, sino a formare una grossa piega di pelle tremula. Scherzando, Caio diceva a tutti che i suoi erano addominali. Solo un po’ “sblusati”. Caio, fumava e beveva cappuccini rigorosamente bollenti. Da ustione al palato. Talvolta, assieme, vi mangiava biscotti o brioche. Ma solo se costavano meno di un euro. Caio amava il cinema e scriveva di cinema. Egli aveva un piccolo blog online che aggiornava saltuariamente, pubblicandovi articoli e recensioni che scriveva per conto di un sito specializzato. A stento riusciva ad arrivare alla fine del mese, trascorrendo gran parte del suo tempo in una casa a lui donata dai suoi genitori, in pieno centro a Roma. Quarant’anni.
(Incipit “Piccole vite infelici”)
Piccole vite infelici (Maurizio Vetri Editore, 2018) è il primo romanzo del giovane autore italiano di origini brasiliane Stefano Labbia, che ha già alle spalle un’intensa attività di scrittura, come dimostrano i numerosi racconti e le diverse raccolte di poesie (“Gli Orari del Cuore” nel 2016 per la Casa Editrice Leonida. Nel 2017 ha dato alle stampe la sua seconda silloge poetica dal titolo “I Giardini Incantati”).
La storia alla base del romanzo è ambientata a Roma e vede come protagonisti quattro personaggi (Melina, Marco Marcello, Caio Sano e Maya), quattro giovani un po’ insoddisfatti, forse frustrati, in cerca ognuno di un proprio equilibrio, sia interiore che lavorativo, di un riscatto sociale in un’epoca sempre più disumanizzante, dove il contatto con l’altro è ormai un’utopia.
Quattro vite che si incontrano, si sfiorano, si perdono di vista, si amano, si maledicono in un turbinio di emozioni e riflessioni. Un affresco disilluso di una realtà, quello della Capitale, in cui la città è madre e matrigna, dove i turisti, ma anche i cittadini tendono ad approfittarsi delle sue innumerevoli fragilità, a volte, violentandola.
Piccole vite infelici è una storia breve, ma intensa, il suo essere lineare e diretta la fa arrivare al lettore, che si trova davanti a quella che è diventata la quotidianità di molte persone, tra le trame di una società che sempre di più cerca di alienare e rendere asociali.