La forma “Piuttosto che” si deve usare in funzione avversativa e comparativa poiché ha il senso di “invece”, “anziché”:
Es.: 1 Si dovrebbe prima pensare piuttosto che (invece che) pronunciare parole a vanvera.
In questo caso l’uso è corretto
Es.: 2 Amo mangiare il gelato piuttosto che (invece che) le torte.
Anche in questo caso l’uso è corretto
Totalmente scorretto è l’utilizzo di questa forma nel senso di “o” – “oppure”:
Es.: Devo decidere se andare in Olanda piuttosto che (oppure) in Francia.
Piuttosto che, il parere della Crusca
Da un po’ di anni a questa parte, si è largamente diffuso un utilizzo errato della forma “Piuttosto che“, la quale ha acquisito valore disgiuntivo di “oppure”. In relazione a ciò è intervenuta anche l’Accademia della Crusca:
“Si tratta, di una voga d’origine settentrionale, sbocciata in un linguaggio certo non popolare e probabilmente venato di snobism.[…].
Per quanto mi riguarda, non sono in grado di localizzare con sicurezza nello spazio e nel tempo l’insorgere della voga in questione. Mi risulta soltanto, sulla base di una testimonianza sicura, che tra i giovani del ceto medio-alto torinese il piuttosto che nel senso di o si registrava già nei primi anni Ottanta […].
È un
fatto che questa formula è generalmente ritenuta di provenienza settentrionaleEra fatale che tra i primi a intercettare golosamente l’infelice novità lessicale fossero i conduttori e i giornalisti televisivi, che insieme ai pubblicitari costituiscono le categorie che da qualche decennio – stante l’estrema pervasività e l’infinito potere di suggestione (non solo, si badi, sulle classi culturalmente più deboli) del “medium” per antonomasia – governano l’evolversi dell’italiano di consumo”[…].
Così come evidenzia Ornella Castellani Pollidori della Crusca, il problema coinvolge ormai tutta l’Italia e in ogni dove si sente utilizzare impropriamente “piuttosto che”, forma che in realtà ha tutt’altro significato.