Non so se lo sai, ma spesso, quando un testo è scritto molto bene, e il lettore è davvero catturato da ciò che sta leggendo, si parla di “buon ritmo della narrazione”.
Ma che cos’è il ritmo narrativo in una storia?
Ognuno ha il suo ritmo
Una prima cosa posso dirtela con certezza, non ha nulla a che vedere con la velocità delle azioni o delle scene presenti in un testo, ma ha a che fare con il modo in cui esse si avvicendano.
In tal senso risulta molto utile fare un esempio tratto dal cinema: pensiamo a un film d’azione; il suo ritmo sarà dato dalla capacità dello sceneggiatore e del regista di far mantenere una certa tensione negli eventi che si susseguono e ciò non riguarda, come dicevo all’inizio la loro velocità, ma il tipo di situazioni e il modo in cui si andranno a raccontare. Devi, in pratica, mantenere lo spettatore sempre sul filo, non deve annoiarsi con scene che non seguono la linea narrativa, distaccandosi troppo da essa.
Lo stesso avviene nella scrittura: per avere un buon ritmo narrativo, occorre che ci sia un buon impasto tra le scene di azione vera e propria dei personaggi e le parti, per così dire, più morbide in cui ci saranno le descrizioni, le digressioni, le valutazioni della voce narrante.
Il tempo della storia e il tempo del racconto
Per capire meglio il ritmo occorre analizzare il tempo nella narrazione e come esso può essere gestito, poiché in ogni storia vi è una successione di eventi catratterizzata da “un prima e un dopo”, non sempre l’autore ne rispetta l’ordine cronologico e non sempre il tempo della storia coincide con quello del racconto, poiché vivere una vicenda non è come raccontarla. Ecco perché è interessante conoscere alcune tecniche narrative in tal senso:
- sommario: si accelera il ritmo del racconto, sintetizzando in poche pagine o righe gli avvenimenti di giorni, mesi o anni (il tempo della storia è più lungo di quello del racconto).
- Pausa: in tale frangente il tempo della storia si ferma e nel tempo del racconto l’autore inserisce riflessioni, stati d’animo dei personaggi, digressioni, ecc., che nella storia durano un attimo, ma nella narrazione occupano molto spazio.
- Scena: vi è una certa coincidenza tra il tempo della storia e quello della narrazione (si pensi a un dialogo, a un monologo o a gesti brevi come bere, sbadigliare).
- Ellissi: vi è un’omissione di una parte del racconto, che si lascia sottintendere al lettore. Il tempo del racconto è uguale a zero.
Ciò è molto importante, poiché la tenuta di un certo ritmo a livello temporale e di una certa tensione all’interno delle vicende che costituiscono la trama della storia – ovviamente non in maniera serrata e continua, perché questo potrebbe anche stancare – permette al lettore di non annoiarsi. Ci sono molti testi che presentano un buon ritmo narrativo: ad esempio, la Metamorfosi di Kafka, in cui possiamo ritrovare il giusto impasto tra azioni e pause, o come anche Divorare il cielo o La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano, Io sono di legno di Giulia Carcasi, La quasi luna di Alice Sebold, per citarne alcuni.
Ciò che devi fare, dunque, per creare ritmo è riuscire a inserire, una dopo l’altra, le situazioni che compongono la tua storia – puoi aiutarti suddividendole in sequenze, come fossero i frame di un film – facendo aumentare o mantenendo la tensione, inserendo una pausa, momenti di interruzione o delle omissioni nei punti giusti, per creare suspence e curiosità nel lettore.
Ti propongo un esercizio:
pensa a una breve storia, prova a elencare tutte le situazioni all’interno di essa; dopodiché, espandi le singole azioni dei personaggi, quindi le singole scene, cercando di mantenere alta la tensione, realizzando un crescendo che poi culmini con la conclusione della tua storia.
(ad esempio: la mia storia si basa su ciò che mi è successo all’aeroporto quando ho perso il volo; inizierò a individuare le diverse scene: io che arrivo in aeroporto, io che faccio colazione e chiacchiero con il barista, il mio arrivo al gate, il malore improvviso di una donna che mi fa perdere la cognizione del tempo, il mio intervento per aiutarla, la voce che mi chiama per l’imbarco, io che non riesco a fare in tempo e perdo il volo. A questo punto, racconto, in maniera più esaustiva, ogni singola scena, cercando di far venire con me il lettore, generando in lui una tensione per tutto quello che succede, tentando anche di non fargli capire subito che perderò il volo; ovviamente il tutto lo potrò inframmezzare con pause, con riflessioni, ma quel tanto che basta per non far cadere il ritmo e non annoiarlo).
Prova, dunque, a comprendere come gestire il ritmo della narrazione, perché è importantissimo per la buona riuscita di una storia.
Buona scrittura!