Ecco un breve e simpatico racconto sulle avventure di una giovane e intrepida befana!
Era la vigilia dell’epifania ed in paese si respirava aria di festa, i bimbi avevano appeso alle finestre le loro calze colorate, dai vetri appannati guardavano fuori il vento e la pioggia che imperavano ma niente scoraggiava la loro fantasia: la Befana come ogni anno sarebbe passata di là per riempire di leccornie le calze e chissà magari a qualche bimbo più buono del solito avrebbe portato anche qualche dono speciale.
In via Ugo Foscolo, a casa Befanotti, c’era la solita aria come ogni anno, le cinque sorelle correvano a destra e a manca per prepararsi in quella che sarebbe stata una vera e propria corsa alla scopa.
Camilla, aveva appena fatto lo sciampo e stava allo specchio, doveva correggere la linea delle sopracciglia e fare una colata d’urgenza all’indice destro che si era scheggiato. Sara usava WhatsApp in continuazione, non era riuscita a capire il punto d’incontro per la partenza con le scope del gruppo befane di Casalnuovo, ripeteva a se stessa:
“Anche quest’anno devo essere puntuale, ne va l’orgoglio del paese”!
Intanto Rita, la quarta sorella, chiedeva al papà Andrea di revisionare la scopa, fare benzina e renderla accomodante per la corsa notturna, ma Andrea era un vecchietto pigro e stanco di avere a che fare in continuazione con cinque donne senza contare la moglie: non è semplice gestire il sesso femminile!
Per questo rimproverò la figlia: «ma quello che dico io, proprio all’ultimo minuto ti sei ridotta, io un meccanico aperto a quest’ora dove lo trovo?»
Che dire, Rita era così, soprannominata da tutti “ultimo minuto” per cui sorridendo disse: «non è morto mai nessuno la vigilia dell’epifania, vai che se la scopa ha bisogno del meccanico la portiamo direttamente da quello autorizzato, è aperto tranquillo. Non essere ansioso.»
Dopo aver indossato il vestito rosso, le scarpe nere a punta e l’immancabile cappello, salutarono mamma e papà e scesero giù in garage pronte a cavalcare la scopa. La voce di Francesca, la prima sorella, intimava di aspettare, come sempre era in ritardo e correva giù per le scale con ancora in mano il profumo ed il sacco non in spalla, voleva raggiungerle al più presto.
Le quattro scope decollarono da via Ugo Foscolo ed andarono dritte a piazza mercato, il luogo del raduno, ognuna guardava l’altra per sussurrare a se stessa: “ma come si è conciata? Ma ha capito che stiamo andando a lavoro?”
Dopo il discorso di Betty, la Befana più vecchia del paese, tutte decisero di fermarsi per un caffè caldo e poi via per le consegne, Betty aveva dato ad ognuna il proprio percorso. Francesca voleva un vantaggio portava dietro la scopa sua sorella, Stefania, la più piccola non ancora maggiorenne per la patente, ma queste cose si sa come vanno per cui tutto andò come se nulla fosse successo ed ognuno dritto verso il proprio percorso.
A metà percorso Stefania decise di scendere su un tetto non molto lontano da via Ugo Foscolo, la loro abitazione, disse a Francesca che sarebbe tornata da sola a casa; scese dalla ciminiera e tutta nera in viso cercò di togliersi da dosso la fuliggine, guardò in casa ma non trovò calze appese, l’appartamento era buio e tutto lasciava presagire che nessuno stava aspettando il suo arrivo.
Tolse gli stivali a punta affinché non si sentisse il rumore dei tacchi e cominciò a girare per casa, voleva capire perché lì nessuno l’aspettava, trovò in camera da letto un bimbo con molte persone intorno, era malato, non voleva caramelle, dolci, carbone ma solo correre fuori all’aria aperta, godersi il mondo, la vita, essere rimproverato dai genitori, studiare, sperare, sognare.
Non aveva voglia di lasciargli dolcetti ma voleva portarlo con sé, per una notte sola, voleva farlo sognare, chiamò Francesca e la convinse a prestarle la scopa appena finito il giro delle consegne, non fu facile ma, come si può immaginare, le ultime sorelle sono sempre le più testarde.
Stefania attese sul tetto un bel po’ quando finalmente avvistò da lontano i fari della vecchia scopetta di Francesca, arrivò slittando, i freni erano ancora stridenti e disse: «sai come la penso ma visto che si tratta di un bimbo ammalato è tua, trattala bene e non farti vedere da Betty, altrimenti addio rinnovo brevetto befana!»
Stefania era felicissima, rientrò in casa e con un tocco di scopa fece cadere tutti nel sonno tranne Alberto, il bimbo ammalato. Lo portò sul tetto ed insieme vibrarono in quell’aria che lasciava gli ultimi sprazzi natalizi, la scopa oscillava nel cielo ed Alberto era entusiasta guardando dall’alto il paese: «guarda la mia scuola! Uh aspetta, non correre, il campo da calcio, la chiesa di San Nicola; è bellissimo il mondo visto dall’alto!»
Stefania rispondeva: «non ti sporgere, infila bene il cappello che c’è vento, tieniti forte che saliamo ancora più alto».
Alberto era felice, si stringeva alla befana più piccola del paese e si godeva il viaggio gustando la visuale, ogni tanto, fischiava, intimando un saluto quando incrociavano altre scope: Stefania, da parte sua, non aveva ancora capito dov’era il clacson.
Al termine del giro consumarono una graffa calda con tanta nutella e finalmente Alberto riuscì a tirare dei calci ad un pallone, stare all’aria aperta e respirare libertà, ecco cosa desiderava non sentirsi malato, e non essere considerato tale, ecco perché non aveva appeso la calza, non voleva dolci, per quella festa ma solo riabbracciare quella normalità presente solo nei ricordi.
L’atterraggio non fu dei migliori, le donne anche se guidano una scopa sono sempre un po’ pericolose!
Sul tetto di casa, il bambino capì che il giro era finito, abbracciò forte quella ragazzina sua coetanea e disse: «grazie di cuore sono felice!»
Stefania rispose sorridendo: «c’è più gioia nel donare che nel ricevere!»
Quando la piccola befana tornò a casa, era quasi l’alba, mentre parcheggiava la scopa nel garage Betty la sorprese, la ragazza capì che si era giocato il brevetto tanto desiderato, aveva trasgredito ad ogni regola.
Betty le disse: «questa è per te sei stata fantastica, hai avuto coraggio, hai ridato il sorriso!»
Sul petto di Stefania la medaglia di miglior befana dell’anno che Betty le aveva donato iscrivendola all’albo della categoria due anni prima del dovuto.
Angela Ceraso